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Internet delle Cose e innovazione

Internet delle Cose e innovazione. Ne parliamo con Giulio Salvadori, direttore dell'Osservatorio IoT del Politecnico di Milano

di Enzo Argante

Internet delle Cose, dove si colloca nel marasma del digitale, di questa evoluzione continua e complessa? 

Oggi dobbiamo dire che nell’hype dell'innovazione troviamo sicuramente temi come l'intelligenza artificiale, per dirne una, che forse fa la gran parte dell'impatto mediatico. L'Internet of Things è una tecnologia che abilita, però, altre tecnologie come, ad esempio, le intelligenze artificiali, ma non solo. Tutto il tema dei Big Data, del cloud, la blockchain, perché in realtà le informazioni, che poi gli algoritmi di intelligenza artificiale vanno a estrapolare e correlare, provengono dalle reti dell'Internet of Things, dallo scambio dati che gli oggetti connessi dal termostato in casa, fino al macchinario industriale in fabbrica, inviano in tempo reale in modo capillare in un formato quanto più leggibile. Senza quelle informazioni, senza quello scambio, oggi non potremmo parlare di intelligenza artificiale, di gestione del dato, di big data, di Cloud, di tante tecnologie che, appunto, ripeto, sono abilitate dallo scambio dei dati dell'internet stesso. 

Ecco, qual è il ruolo dell’IoT nel mondo consumer e business? Cioè ci sono ambiti in cui è più performante? In quale fase siamo del processo? 

Sicuramente, se guardiamo soprattutto ad alcuni aspetti dell’Internet of Things, come ad esempio la sicurezza del dato o le reti di trasmissione e la velocità di trasmissione dei dati, grazie a queste reti, quindi ad esempio grazie al 5G o in prospettiva futura al 6G, è chiaro che l’ambito industriale è quello dove si sperimentano prima queste queste soluzioni, dove chiaramente è più alta l'attenzione ad esempio verso il tema della Cyber Security, per dirne una, o verso il tema dello scambio dati all'interno di una fabbrica, un macchinario deve avere i dati quanto più precisi possibile, capillari possibile in tempo reale, perché altrimenti il minimo errore potrebbe portare a danni anche economici molto rilevanti. Quindi, l'industria, la fabbrica, la logistica, la supply chain sono gli ambiti dove è un po' più avanti a livello di sperimentazione, a livello di quello che l’Internet of Things oggi permette di fare. Però abbiamo anche tante piccole ma interessanti innovazioni in ambito consumer, per esempio nel mondo della Smart Home. Già oggi arrivano gli algoritmi di intelligenza artificiale dentro gli oggetti, possiamo parlare con un assistente vocale in maniera sempre più conversazionale, possiamo avere un termostato in casa che in autonomia gestisce la temperatura. Pensiamo ad esempio nell'ambito Automotive, ambito in cui l’Internet of Things è in sé maggiormente attivo e permette di attivare più benefici: scambio dati con l'autovettura, comunicazione tra veicolo e infrastrutture, se l'auto si avvicina a un guardrail riceve la segnalazione. Quindi tante innovazioni anche comunque in ambito consumer e soprattutto auto. Segue il mondo della casa. 

L’intelligenza artificiale è parte integrante di questi processi o si aggiunge in questi ultimi mesi e, addirittura, cambia le strategie?  

Sicuramente, se guardiamo a tre, quattro anni fa, non era parte integrante, non si andava ad aggiungere ai processi, parlavamo solo di oggetti passivi che fornivano informazioni. Oggi questi oggetti diventano più attivi, più intelligenti. Si parla di Edge Computing per l'intelligenza artificiale non solo a livello alto, a livello di Cloud, di gestione dei sistemi operativi, ma anche a livello basso, quindi sempre più dentro gli oggetti, dentro un termostato, dentro un macchinario, dentro un asset all'interno delle nostre città. Ecco, quindi io direi più la seconda: si aggiunge, nel senso che, appunto, prima non avevamo questa possibilità, però sempre più questa aggiunta diventa poi integrazione, sempre più avremo un futuro in cui non si parlerà più nemmeno di distinzione tra oggetti con intelligenza artificiale e oggetti senza, avremmo direttamente l'intelligenza artificiale insita negli oggetti. 

C'è anche il grande tema della sicurezza. È corretto dire che più si sviluppa IoT e maggiori sono i rischi? 

È corretto, però bisogna fare una distinzione, nel senso che si parla tanto di Cyber Security, sicurezza del dato, ma dobbiamo sempre pensare ai cosiddetti modelli di attacco, cioè le motivazioni che avrebbe un hacker, un malintenzionato digitale ad attaccare qualcosa, un oggetto nel mondo dell'Internet of Things. E questo ci fa capire che ad esempio in alcuni ambiti attaccare la singola persona, la singola casa, ad esempio, o la singola auto non comporterebbe una mole di così elevati benefici a un hacker appunto che deve aver comunque utilizzato molto tempo, molto denaro per sviluppare l'attacco e la soluzione. Ben diverso è il discorso se andiamo a prendere singoli personaggi magari illustri, verso cui un attacco desterebbe scalpore, oppure se prendiamo a livello di sistema paese, di infrastruttura critica dei vari paesi del mondo, allora qui sì che avrebbe senso, tant'è che alcuni attacchi sono stati fatti sfruttando non solo le telecamere connesse, le auto connesse, gli impianti. Di solito si è sempre risposto in maniera adeguata. Ci sono anche delle normative, come ad esempio il Cyber Resilience Act, che prevede nei prossimi due o tre anni che tutte le aziende dovranno adeguarsi in modo molto stringente per respingere questi attacchi e delle misure molto importanti che a nostro avviso limiteranno fortemente i rischi oggi possibili, soprattutto anche quei rischi che non guardano alla singola persona, ma riguardano il sistema paese, le infrastrutture critiche di un paese. 

In questo contesto quali sono il ruolo e le finalità dell'Osservatorio che dirige? 

La prima finalità è quella di divulgare conoscenza, siamo all'interno del Politecnico di Milano e quindi dobbiamo e vogliamo divulgare conoscenza, far conoscere queste tecnologie a sempre più aziende pubbliche, amministrazioni, istituzioni, ma anche al singolo cittadino. La seconda finalità è quella di mettere attorno al tavolo queste aziende, queste istituzioni, farle dialogare, magari per far nascere progetti al di là della dell'Osservatorio, ma che nascono da un dialogo all'interno dei nostri eventi, dei nostri workshop.